Una vecchia teoria da poco applicata
Nel 1899 lo scienziato statunitense Hite teorizzò l’utilizzo di elevate pressioni idrostatiche (in inglese High Hydrostatic Pressure) per prolungare i tempi di conservazione del latte. Purtroppo non disponeva della tecnologia necessaria per mettere in pratica questa tecnica. Per il trattamento di sterilizzazione si utilizano elevatissime pressioni nell’ordine dei 1000-10000 bar. Negli ultimi anni invece sono stati realizzati dei macchinari in grado di supportare l’applicazione di tali alte pressioni idrostatiche . Queste nuove apparecchiature permettono quindi di offrire al consumatore un prodotto sicuro dal punto di vista igienico-sanitario senza grandi perdite dal punto di vista delle caratteristiche organolettiche e nutritive.
Come funziona ?
Questo metodo rompe i legami idrogeno e i ponti disolfuro delle molecole complesse come le proteine e l’amido, diminuendo la consistenza dell’alimento trattato e aumentandone la digeribilità ma non ha effetti negativi sulle molecole di piccole dimensioni come le vitamine.
E’ un processo che avviene tendenzialmente a temperatura ambiente, anche se l’applicazione delle alte pressioni idrostatiche provoca un aumento medio della temperatura dell’alimento di circa 20°C (da 20°C a 40-45°C).
L’effetto sanificante si realizza con il danneggiamento meccanico della membrana cellulare del microrganismo e la deformazione della sua parete esterna oltre all’inattivazione degli enzimi del germe. La denaturazione delle proteine di membrana provoca il blocco degli scambi con l’esterno e il danneggiamento degli enzimi cruciali del metabolismo impedisce la moltiplicazione portando alla morte il batterio.
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